IL PELLICANO NELLA SIMBOLOGIA CRISTIANA
Il pellicano europeo, che è entrato nella simbologia cristiana come emblema di Gesù Cristo. Il pellicano vive nell’Europa orientale, nell’Asia sud occidentale e nel nord dell’Africa. È un uccello maestoso, dotato di un lunghissimo e largo becco. È a tal proposito che i greci lo chiamavano ‘pélekos’, da pelecus ‘ascia’, con riferimento alla forma smisurata del becco. Veniva anche chiamato, sempre dai greci, ‘onocròtalos’, perché trovavano strano (krotos) che il suo grido che somiglisse tanto, al raglio dell’asino (onos).
Spesso le sue piume sono tinte di rosso per il sangue delle prede e questo particolare ha probabilmente diffuso la credenza che si lacerasse il corpo pur di conservare in vita i piccoli. Un’antica leggenda, infatti, originata forse dall’atto con cui il pellicano curva sul petto il becco per estrarne più comodamente cibo per la nidiata, fa riferimento alla vicenda dei piccoli che colpiscono gli occhi del padre il quale, adirato, prima li uccide, ma poi pentito e addolorato per la loro morte, dopo tre giorni li fa ritornare in vita grazie al sacrificio di sé; squarciandosi il petto li inonda del suo sangue riportandoli così alla vita.
L'allegoria del Pellicano, indica la vera esistenza eucaristica! Per i Cristiani, rappresenta l'estremo sacrificio di Cristo che, sulla croce, offrì la vita per la salvezza dei suoi figli. Il Pellicano è Gesù, Gesù è il Pellicano. Simbolo eucaristico per eccellenza, quindi, questo volatile viene spesso raffigurato nell'arte religiosa eretto sopra il suo nido, con le ali spalancate in un tenero abbraccio, nell'atto di nutrire i suoi piccoli. La sua caratteristica principale è quella di avere nel becco una sacca membranosa dove depone i pesci catturati. Esso, per dar da mangiare ai suoi cuccioli, ritrae il becco verso il petto per favorire l’apertura di questa sacca.
Nel corso dei secoli, il pellicano diventa il simbolo di Cristologia e di quell’abnegazione con cui si amano i figli. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini; ma allo stesso tempo anche come raffigurazione di Dio Padre che sacrifica suo Figlio facendolo risorgere dalla morte dopo tre giorni.
Il pellicano rendeva concreto agli occhi dei fedeli il messaggio d’amore del Cristo crocifisso che si dona agli uomini divenendo così emblema dell’Eucarestia.
La carne e il sangue offerto dal pellicano per i suoi “piccoli” ha rappresentato fin dai primi secoli ma sopra e tutto a partire dal Medioevo (vedi Giotto e la sua scuola influenzata dalla predicazione degli Ordini Mendicanti), la Carne e il Sangue di Cristo offerti in sacrificio per la vita degli uomini. Chi lo guarda nelle nostre chiese con gli occhi della fede vi può scoprire ancora oggi il messaggio più profondo di Cristo: donare se stesso per i fratelli, perché rende visivamente quanto Giovanni ha scritto dell’amore di Gesù Cristo: “Nessuno può avere maggiore amore di chi dà la propria vita per i suoi amici” (Giov. 15, 3). La bella favola del pellicano che ha resistito nei secoli fino ai giorni nostri sta a ricordarci che bisogna camminare nell’amore come anche Cristo ci ha amato e offerto se stesso per noi “come oblazione e sacrificio a Dio” (Ef 5, 2). Se l’amore vero travolge ogni ostacolo, resiste ad ogni fatica e delusione, perché la felicità sta nel dare il nostro “sangue” per gli altri, per sorreggere, confortare, aiutare, soccorrere i “piccoli”, quelli più deboli di noi, quei nostri fratelli si sentiranno corroborati dal nostro amore.
[fr. Maxim D'Sylva, O.P.]
SAN TOMMASO D'AQUINO
IL PELLICANO: UCCELLO DEL PARADISO
San Tommaso d'Aquino rappresenta una delle colonne del pensiero filosofico occidentale, ricordandoci come parola e azioni debbano sempre corrispondere. Secondo il pensiero filosofico del monaco, il pellicano era "L'uccello del Paradiso", simbolo di rinascita, che ridonava la vita tramite suo sangue ai piccoli senza vita.
Nell’Adoro te, uno delle cinque, inni eucaristici, monumentali opere teologico-filosofiche, dedicati al Corpus Domini composto nel 1264 San Tommaso invoca la misericordia di Gesù in questi termini:
"Pie pellicáne, Jesu Dómine, Me immúndum munda tuo sánguine,
Cujus una stilla salvum fácere,Totum mundum quit ab ómni scélere"
San Tommaso d'Aquino
"Oh pio Pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, col tuo sangue,
del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato".
IL PELLICANO NELL'ESOTERISMO DANTESCO
René Guénon nel celebre saggio "L’esoterismo di Dante", evidenzia come il Sommo Poeta, padre delle lingua italiana, per definire Gesù Cristo, si serve proprio del simbolo del Pellicano. In "Dante e i Fedeli d’amore" di Andrea Bertolini si legge: “Un unico filo ricollega l’Alchimia, i Templari, il mistero delle cattedrali, la Vergine, il Graal", e in Dante ritroviamo un po’ la sintesi di tutti questi aspetti.
Egli, come buona parte dei poeti del Dolce stil novo, faceva parte di un ordine segreto iniziatico, I Fedeli d’Amore, legato ai Templari. In tutte le loro poesie e nei loro scritti troviamo il simbolismo.
Dante utilizza questa simbologia in riferimento all'ultima cena in cui l’apostolo Giovanni reclinò il capo sul petto di Gesù:
“Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto”
(Paradiso, XXV, 112-114).
Dante stesso, Quando si riferisce all'apostolo Giavanni, lo chiama il “nostro Pellicano” :
«Questi è colui che giacque sopra’l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto».
(Divina Commedia, Paradiso canto XXV, 112-114).
in quest'accezione, il pellicano diventa pura immagine dello Spirito, che richiama al pensiero di Cristo. Non a caso è stata citata la Divina commedia, visto che Dante è stato un Templare e Rosa+Croce.
La Purezza Celeste è quindi il carattere particolare di questo uccello che, simile a un angelo dalle ali spiegate, simboleggia la Redenzione, la Resurrezione e l’Amore di Cristo per le anime.
Il pellicano è una figura rappresentativa anche in altre culture. I musulmani considerano lo stesso un uccello sacro poiché, come narra una loro leggenda, allorché i costruttori della Ka’ba dovettero interrompere i lavori per mancanza d’acqua, stormi di pellicani avrebbero trasportato nelle loro borse naturali l’acqua occorrente a consentire il completamento dell’importante costruzione sacra.
Attraverso l’analisi dello schema del viaggio di Dante sono riscontrabili i simboli della tradizione ermetico-alchemica: il centro della Terra, il Monte, il Cielo (le stelle). L’inizio della Divina Commedia descrive come Dante ad un certo momento della sua vita si trovi smarrito nella ‘selva oscura’ della crisi intima, spirituale: comune a quei ricercatori dell’Oltre che, dopo avere imboccato l’impervio sentiero interiore, si trovano prima o poi ad un ‘punto morto’, situazione di angoscia e disperazione (Cfr. Arcadia, Templari). F. Unterkircher scrive:
Il Bestiario medievale cita un canto sacro oggi dimenticato il cui testo recita: “Pie pelicane, Jesus Domine” (o Pio pellicano, Nostro Signore).
Vi si rammenta la caratteristica di questo pennuto acquatico, che è quella di mangiare solo il cibo che gli è realmente necessario per sopravvivere. “L’eremita vive in modo simile, perché si nutre di solo pane e non vive per mangiare, ma piuttosto mangia solamente per vivere”.
O.C.M.C.T.
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